foto di Cristiano Di Vita

Un caffè con Il Teatrante – Oggi abbiamo intervistato l’attore Cristiano Di Vita

in Intervista

Cristiano di Vita è uno di quegli attori che dimostra di avere quella che si definisce in gergo “passionaccia”, l’esercizio della recitazione ha accompagnato il suo percorso esistenziale, e si è espresso sia nel teatro che in lavori cinematografici. Recentemente ha avuto la possibilità di essere presente sul set del film House of Gucci nelle vesti di stand-in.

Ciao Cristiano e benvenuto su Il Teatrante, partiamo con l’esprimerti la nostra gratitudine per il tempo e l’opportunità che ci concedi per questa intervista, un’ottima occasione per scambiare quattro chiacchiere. Partiamo a bomba con la prima domanda: hai partecipato alle riprese di House of Gucci in qualità di stand-in, in che cosa consiste questa figura?
Lo stand-in è un attore “controfigura” che prende il posto dell’attore principale, e partecipa al film durante l’allestimento del set, nelle riprese delle singole scene. Lo stand-in assiste alla prova della scena degli attori protagonisti, e poi si sostituisce a loro, riproducendo la scena mentre la troupe allestisce il set: posiziona quindi le telecamere, definisce le inquadrature, sistema le luci, gli oggetti e l’arredamento, vengono posizionati i blocchi di posizionamento a terra per i vari attori e così via. Nel frattempo gli attori principali hanno la possibilità di ripassare la scena, di rilassarsi e di trovare la concentrazione necessaria per relazionarsi con il proprio personaggio. Io ero lo stand-in di Jared Leto che, sebbene nella normalità sia magro, affascinante e dotato di una lunga chioma, il trucco di scena lo ha trasformato nel personaggio da interpretare, più vicino alla mia fisionomia (Paolo Gucci).

In tempo di Covid quali sono i protocolli di sicurezza applicati all’interno di un set cinematografico di profilo internazionale?
Sul set, già blindatissimo di suo, sono in atto protocolli anti Covid molto severi e ci sono controlli continui sull’utilizzo dei vari DPI (mascherine, visiere, guanti monouso, colonnine disinfettanti, etc.). In tre giorni di ripresa ho fatto sei tamponi, tre molecolari e tre rapidi. La mascherina va indossata sempre, vengono ammesse solo quelle certificate FFP2, si abbassano solamente al “ciak si gira”. I punti per l’esecuzione dei controlli e dei tamponi sono al campo base, sui vari set, al quartier generale e tutti, da Ridley Scott a chi raccoglie le eventuali cartacce cadute a terra, devono aver fatto il tampone ed aver avuto esito negativo. Tutto questo mi ha fatto riflettere sul fatto che se una produzione hollywoodiana può essere autorizzata a girare in Italia grazie al fatto che rispetti questi severi protocolli, perché non si può applicare la stessa modalità al Teatro e allo spettacolo dal vivo in generale?

Durante la tua permanenza sul set hai avuto modo di parlare/relazionarti con qualche interprete? Come dicevo il set è blindatissimo, quindi gli interpreti principali, appena sono in pausa, si eclissano; tuttavia ho avuto modo di relazionarmi con alcuni di loro. Sicuramente con Jared Leto di cui ero lo stand-in: sempre molto cordiale ed amichevole, quando subentrava a me, per girare la scena, non mancava mai la pacca sulla spalla, il ringraziamento e quelle due o tre battute di cortesia. Sul set di Milano, Jeremy Irons è venuto a sedersi accanto a me, e, dopo essersi preparato una sigaretta, l’ha fumata mentre ripassava le battute del copione. Ridley Scott era sempre in mezzo alla scena per dirigere non solo la troupe o gli attori, ma anche noi stand-in durante la preparazione delle inquadrature. Sul set di Como, a Villa Balbiano, era presente anche Al Pacino, avevano allestito una scena in esterno, ma, nel frattempo, era arrivato un improvviso vento freddo, eravamo pronti per girare e si stava aspettando proprio lui… Al Pacino è uscito dalla villa, è arrivato fino a me, mi ha dato una pacchetta sulla spalla dicendomi che faceva molto freddo (come se fosse dipeso da me) e ridacchiando se ne è rientrato in villa… Ridley Scott ha dovuto modificare il set, e cambiare la scena portando tutto all’interno.

Foto Intervista a Cristiano Di Vita House of Gucci

Come si preparano gli attori prima di una scena?
Beh, devo dire che nonostante siano tutti nomi importanti ed alcuni altisonanti, sono molto professionali e concentrati sul proprio lavoro. Alcuni di loro, vedi Al Pacino ed in alcuni casi Lady Gaga, arrivano sulla scena, girano e poi scompaiono; altri, come ad esempio Jeremy Irons e Jared Leto, anche fuori scena lavorano molto sul personaggio, definiscono i dettagli e le sfumature, si ricavano le loro bolle di solitudine per ripassare e definire le battute. Ho avuto Irons e Leto accanto a me durante una pausa tra un campo ed un controcampo, che si davano consigli a vicenda su come porgere le battute o come meglio agire in scena fra di loro. Jared Leto doveva girare alcune scene, nelle quali doveva risultare “alticcio” ed arrivava in scena molto prima del resto del cast già “immerso nel personaggio”, anche con me si rapportava come se fosse già in quella modalità, molto prima di girare la scena. Un altro disciplinato come Leto, sempre sulla scena prima degli altri, era Adam Driver (Maurizio Gucci); non usciva mai dal personaggio anche fuori scena manteneva una concentrazione altissima.

Hai qualche aneddoto particolare accaduto durante la tua presenza sul set?
Il primo è che ho scoperto, non lo sapevo lo giuro, che la moglie di Ridley Scott è Gianina Facio. Ve la ricordate come soubrette del programma anni 90 “Emilio”? Ora ovviamente appare come attrice in tutti i film del marito ed è, sempre insieme al marito, una produttrice. Un altro aneddoto è che Ridley Scott, sul set, viene chiamato da tutti “Sir”. Poi l’ultimo, molto divertente e un po’ osé: c’era una scena in cui il personaggio che interpretava Jared Leto, cioè Paolo Gucci, doveva orinare su un foulard creato da Rodolfo Gucci, suo zio (interpretato da Irons), io ero in posizione davanti al foulard appallottolato per terra come se fossi nell’atto di compiere l’azione e tutta la troupe intorno, che posizionava la camera dietro le mie gambe per poi effettuare la ripresa da dietro. Arriva Jared da dietro, mi abbraccia, mi ringrazia e, mentre mi giro per lasciargli il posto, mi accorgo che ha tra le mani un pene di gomma dotato di cannula collegata ad una siringa di grosse dimensioni, piena di the freddo, tra le mani di un operatore. Ci siamo guardati in faccia e siamo scoppiati a ridere insieme a tutta la troupe. Non vedo l’ora di vedere il film solo per quella scena.

Puoi svelarci che cosa comporta e quanto tempo serve per la preparazione di una scena?
La scena di un set è un micromondo all’interno di un macrocosmo qual è una produzione cinematografica, specie se parliamo di una produzione americana. Per girare una scena ci sono almeno cinquanta persone che ruotano attorno (nel senso stretto della parola) agli attori, fosse anche un solo attore. Per dare un’idea: ci sono quattro camere con relativi operatori, aiuto operatori, chi cura lo spostamento della camera sui binari, i tecnici per la ripresa dell’audio ambientale, i tecnici luce, i truccatori sempre pronti ad intervenire, chi sistema le scene, chi gli oggetti di scena, chi gestisce il fumo se nell’ambiente ci sono personaggi che fumano, e si deve vedere nella scena, chi segna con i nastri adesivi colorati le posizioni a terra degli attori, chi mette i blocchi a terra, il direttore della fotografia, gli aiuti regista, il regista, noi stand-in, gli attori, etc… Il set della scena viene allestito e disallestito in men che non si dica, perché ognuno sa ciò che deve fare con assoluta precisione.

Foto intervista a Cristiano Di Vita

Il regista è Ridley Scott, che effetto fa trovarsi a qualche passo di distanza ad un grande regista di Hollywood?
Quando l’ho incrociato per la prima volta pensavo fosse un anziano signore che si aggirava per il set piuttosto che guardare cantieri in giro per la città. Poi l’ho visto all’opera, ho capito chi era in realtà per la precisa e magica semplicità con la quale dirigeva tutto. Non c’è niente da fare, certe persone emanano vibrazioni, lui è una di quelle. E’ cordiale, simpatico ed anche alla mano, tant’è che, a villa Necchi (uno dei set di Milano), mi sono ritrovato seduto accanto a lui in scena e, mentre la troupe allestiva il set, ho interloquito con lui su quanto fossero fastidiose le mascherine, e tutta la situazione imposta dal covid; che dire: quando mi ricapiterà mai? Ma i miti sono così, irraggiano grandezza pur mantenendosi semplici.

Visto che sei fresco di un’esperienza sul set puoi ricordarci che differenza sussiste tra recitazione teatrale e cinematografica?
In Teatro deve essere tutto più impostato, più grande: il corpo, le azioni, le intenzioni, la voce, perché si deve raggiungere tutti, anche lo spettatore in ultima fila. Nel cinema è tutto molto più piccolo, minimale, è la camera che fa il dettaglio che sceglie cosa portare in primo piano oppure lasciare sullo sfondo. La recitazione è meno forzata, più “naturale”, di uso quotidiano.Il Teatro “è qui ed ora”, non si ripete la scena, quella è e quella rimane, lo spettacolo che si vede una sera non sarà mai uguale a quello della sera successiva; nel cinema, sul set, la scena viene ripetuta sempre allo stesso modo perché deve essere uguale per il campo, il controcampo ed i primi piani. Una delle “difficoltà” per un attore di cinema (o meglio una delle sfide) è quella di saper sempre mantenere lo stesso livello e la stessa qualità del personaggio per tutti i ciak che si devono girare, e questo lo devi fare con più di cinquanta persone che ti stanno addosso. Sono comunque due strade affascinanti!

Cosa bolle in pentola ovvero a quali progetti artistici ti stai dedicando
Il covid ha colpito duramente tante persone e tante attività, il settore dello spettacolo è tra quei settori decisamente più segnati. Purtroppo siamo un paese in cui la cultura è considerata sacrificabile, piuttosto che uno dei pilastri su cui fondare la nostra civiltà. Quindi anch’io e la mia compagnia teatrale che si chiama Il Vuoto Pieno e che è anche un’A.P.S. (Associazione di Promozione Sociale), siamo bloccati dal poter fare spettacoli dal vivo. Tuttavia abbiamo trovato altre strade per raggiungere il pubblico e per raccontare ciò che ci sta a cuore. Abbiamo infatti realizzato diverse iniziative che sono state veicolate attraverso i social, ad esempio abbiamo realizzato dei video-reading teatrali per la giornata della memoria, per il “Dantedì” e per la giornata mondiale del Teatro. So che molti si strapperanno le vesti nel sentire ciò che sto per dire, ma sto preparando una versione video-teatrale di “Commedia” di Samuel Beckett. Certo, il Teatro è dal vivo, con il pubblico, è quello scambio di energie, è assolutamente vero, ma i tempi cambiano, le situazioni cambiano, e questa pandemia ci ha fatto capire che possono variare anche in maniera repentina, e noi non possiamo non trovare altre vie per comunicare con le persone. Abbiamo anche degli spettacoli dal vivo in preparazione: uno spettacolo sul tema della violenza di genere e sul femminicidio, “Grida Silenziose” che ho scritto io, al quale stiamo aggiungendo un pezzo dedicato alla figura di Artemisia Gentileschi; uno spettacolo, “Il girotondo degli animali” ispirato al Carnevale degli insetti di Benni; vorrei portare in scena uno spettacolo che sto scrivendo tratto dal libro di Oliver Sacks “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”; vorremmo portare in scena anche “Aspettando Godot” di Beckett. In attesa di poter ritornare dal vivo, abbiamo dato il via anche ad una collaborazione con una web-radio locale, dove, ogni mercoledì, facciamo un programma di radiodrammi, sulla storia locale, nati da reading-teatrali realizzati negli scorsi anni; abbiamo inoltre un progetto di video-letture per bambini che, a breve, vedrà la luce.

Foto intervista a Cristiano Di Vita

Hai avuto modo di cogliere qualche sfumatura o comportamento particolare da parte del cast che probabilmente era strettamente correlato al fatto di girare in Italia?
Forse, il fatto di girare in Italia, ha reso delle star di calibro mondiale un po’ meno iconiche, e forse più rilassate. Un altro particolare curioso, dovuto al fatto di girare in Italia, ma soprattutto di vestire i panni dei personaggi di una così nota famiglia italiana, è quello di buttare parole italiane all’interno delle battute che recitavano; di tanto in tanto qualche parola in italiano scappava a tutti loro!

Potresti sintetizzare in una frase l’impressione che ti hanno fatto gli interpreti che hai incontrato sul set, Al Pacino, Jeremy Irons, Jared Leto, Adam Driver, Lady Gaga?
È difficile riuscire a dire in poche parole l’impressione che mi hanno fatto, ognuno di loro mi ha lasciato sensazioni diverse ma ci sono alcune cose che li accomunano: precisione, professionalità, dedizione, preparazione, energia e carisma, ciascuno, a suo modo, esprimeva tutto questo. Lasciatemi però dire questo: vedere dirigere Ridley Scott, sentire recitare accanto a me Al Pacino e Jeremy Irons è un’esperienza un’unica, le vibrazioni che emettono personaggi di questa levatura sono inesprimibili e ti entrano nel profondo.

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