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Il Teatrante è un magazine telematico di critica teatrale e cinematografica, che nasce per offrire un punto di vista differente
Lei mi parla ancora – Recensione Cinema
Ci sono storie che vanno al di là delle immagini e delle parole. Ci sono film come Lei mi parla ancora che all’improvviso portano lo spettatore a perdersi nei ricordi e che dipingono con i colori dei sentimenti un viaggio poetico in cui il perdersi non può che essere una piacevole e naturale conseguenza. Questo è ciò che accade con questa pellicola prodotta per film Sky Original (disponibile su Sky Cinema e on demand su NOW TV) che parla di amore, di vita, di perdita e di tutto ciò che passando per la rabbia e la malinconia è in grado di evolvere nell’animo umano. Una pellicola, ci teniamo a precisarlo fin da subito, che porta con sé l’inconfondibile stile registico di un Pupi Avati davvero in gran forma.
Così accade che il film diventi immediatamente poesia pura per il cuore, tanto possono essere delicate le emozioni che accompagnano i sentimenti e quelle infinite sfumature che non possono essere raccontate, ma solo assaporate e “sentite” nel profondo. È con questa premessa che vi chiediamo di approcciarvi ad un film di quelli di cui sentivamo davvero il bisogno e che nonostante tratti un tema delicato in cui la mancanza rappresenta il filo conduttore a cui è impossibile sottrarsi, merita davvero di essere visto attraverso gli occhi dell’anima. La storia di Lei mi parla ancora racconta di Nino (Renato Pozzetto) e Rina (Stefania Sandrelli), che dopo sessantacinque anni di amore si ritrovano tragicamente separati. L’uomo, rimasto vedovo, si ritrova così a dover affrontare un dolore talmente profondo da indurlo quasi a volerlo negare.
Così, anche ora che lei se ne è andata, nell’assenza di punti di riferimento sufficienti ad accettare il distacco, Nino vive il disagio sentendosi afflitto e debole, lasciandosi andare ai ricordi e celebrando quel quotidiano in cui la sua Rina gli parlava, attraverso un’elaborazione del lutto che non vuole essere negazione in sé per la scomparsa della donna, ma solo un volerla sempre accanto, come era sempre stato per una vita intera intensa e meravigliosa. Accade dunque che Nino continui a parlarle con lei e lei con lui. Impossibile che ciò sia reale? Eppure, di nascosto, senza che né i figli né la servitù possano interferire con il suo personale “viaggio” nel ricordo del quotidiano, permane in lui ancora un paesaggio di speranza. Una nostalgica e piccola fiammella che a fatica gli consente di resistere al labirinto del lutto.
La situazione però evolve quando la figlia, anziché far calare il sipario sulla realtà dei fatti, asseconda il desiderio del padre ed anzi lo sprona a parlare ancora “della Rina” ingaggiando un ghostwriter (Fabrizio Gifuni) per consentire al padre di poter dare forma ai suoi pensieri. Compito che inizialmente sarà complesso, per via delle difficoltà e di Nino a condividere la sua vita con uno sconosciuto, ma che in breve tempo porterà a ripercorrere le origini di un amore profondo, puro e sconvolgente, guardando indietro nel tempo, alle radici della storia tra Nino e Rina, tra malinconia e nostalgia. Senza aggiungere altro sulla trama, questa pellicola è la trasposizione cinematografica del romanzo autobiografico di Giuseppe Sgarbi (Lei mi parla ancora – Memorie edite e inedite di un farmacista), girato in un periodo particolarmente problematico per la gestione di un set vista l’attuale pandemia.
Questo però non ha impedito al regista Pupi Avati di confezionare un prodotto cinematografico di spessore che trasmette con forza la sensazione di smarrimento e solitudine provata da Nino: un’esperienza sconvolgente, come lo sono del resto certe perdite. Grazie alla straordinaria interpretazione drammatica di Renato Pozzetto, sarà impossibile non affezionarsi al personaggio e provare empatia sentendo quei sentimenti così intensi, contraddittori e carichi di vuoto che di fatto lasciano il protagonista in una sorta di limbo emotivo dove un’intera e pacifica esistenza viene ad un certo punto messa in discussione, in un lutto che fatica a trovare quel disperato aiuto per poter essere elaborato attivamente ed in maniera consapevole. In questo modo di presentare l’individuo ed i suoi tormenti emergono in maniera netta i meriti di Avati, che per l’occasione ha scelto un cast d’eccezione, dove ogni pezzo del puzzle sembra combaciare perfettamente.
Le piccole incertezze che abbiamo notato derivano da alcune scelte stilistiche che non ci hanno sempre convinto del tutto, quali ad esempio l’uso di accenti regionali che occasionalmente non sembrano essere perfettamente coerenti con contesto, oltre al fatto che il passato di Nino e Rina, ossia la parte centrale del film, ci è parso un po’ troppo compresso, per quanto oggettivamente possa essere difficile riuscire a sintetizzare la vita di due persone attraverso pochi ma significativi episodi. In un’epoca dove tutto sembra sempre andare troppo veloce, questo film rappresenta un raggio di sole, pur nella delicatezza e drammaticità del tema affrontato da Avati. Sarà impossibile non voler bene a Nino e desiderare di abbracciarlo per allievare tutto il dolore che porta con sé nella sua umanità, che tanto ricorda quella delle persone anziane che chiunque di noi potrebbe aver conosciuto nel corso della sua vita.
In conclusione, Lei mi parla ancora che è carburante per il cuore e che emoziona dall’inizio alla fine. Una marea di sentimenti ed amore, fatta di tenere e delicate attenzioni, che sommerge tutti gli argini che troppe volte il pubblico è costretto a costruire, portando tenacemente a vivere delle sincere emozioni. Una pellicola ben diretta da Avati, che in un’epoca dove prevale la rimozione del concetto di amore, ci mostra ancora una volta come sia fragile l’individuo davanti al dolore della vita. Una storia dal forte sapore nostalgico, quasi fosse stata girata decenni fa anche per ambientazione e, chissà, forse proprio per questo ancor più gradevole nel complesso. Un film che vi consigliamo di vedere perché racconta la realtà e come tale, per quanto triste e difficile a volte sia, solo andando oltre ciò che sembra così buio da non vederne la fine è possibile poter vedere ancora la luce.
Se vi è piaciuto questo articolo, vi consigliamo di leggere le altre recensioni presenti all’interno del nostro sito, dove potrete trovare un numero sempre maggiore di film, spettacoli e serie recensite, giorno dopo giorno.
Un caffè con Il Teatrante – Oggi abbiamo intervistato l’attrice Giulia Di Quilio
Brillante, eclettica, attrice di talento che si ispira alle dive hollywoodiane e sostenitrice dei diritti delle donne, ma anche madre e moglie. Se pensate che non esista una persona del genere, non vi resta che leggere la nostra intervista a Giulia Di Quilio per scoprire il suo interessante mondo.
Viaggio nel cinema indipendente
L’attuale periodo che stiamo vivendo, ha avuto ormai da circa un anno numerose e negative ripercussioni anche sull’industria cinematografica, rallentando o posticipando tutte quelle produzioni che necessitavano di tempi di realizzazione piuttosto lunghi, a fronte di budget elevati. Proprio partendo da questa premessa è ancor più interessante notare come, di fatto, il cinema sembra che si sia all’improvviso fermato. Eppure, spesso ci si dimentica di come non esistano soltanto le grandi produzioni hollywoodiane, anzi spesso e volentieri tra i film più meritevoli e che maggior consenso hanno riscosso tra critica e pubblico, non è affatto raro trovare delle produzioni che non nascevano con l’ambizione del film in grado di piacere a tutti, ma con l’unica ambizione di raccontare una bella storia. Verrebbe dunque da domandarsi cosa contraddistingue di fatto il cinema indipendente rendendolo realmente tale, ma soprattutto perché può essere considerato così fondamentale all’interno dei delicati equilibri dell’industria cinematografica. Esplorando con pazienza il catalogo di film proposti da alcune popolari piattaforme quali Netflix e Amazon Prime Video, non infatti così insolito imbattersi in titoli di cui probabilmente non avevamo mai sentito parlare e che, spesso e volentieri, nemmeno hanno mai potuto godere di una vera distribuzione cinematografica degna di tale nome.
Provando a visionare alcuni di questi film potrebbe capitarvi di notare sostanziali differenze in termini qualitativi, rispetto ad un film realizzato potendo contare su un budget importante, ad esempio per la mancanza di interpreti famosi o per una qualità tecnica inferiore agli standard che il mercato sembra voler costantemente proporre come unica via da percorrere. Eppure, ci sono tutta una serie di ragioni per cui i cinema indipendente riesce ormai da tempo nell’impresa di sfornare piccoli capolavori fantastici, ma nel corso della nostra analisi non intendiamo semplicemente spiegare il perché alcuni debbano essere considerati tali, ma per l’importanza che in generale assume il cinema indipendente e che anche in Italia inizia a muovere i primi passi verso possibilità e risultati un tempo impossibili da ipotizzare. Lasciateci spiegare il perché dovreste investire il vostro tempo verso questi piccoli titoli coraggiosi. Una buona parte di queste produzioni ha una trama stravagante, non convenzionale, persino grottesca in alcuni casi, ma fondamentalmente in grado di descrivere con pochi e semplici mezzi tecnici degli avvenimenti che in qualche modo riescono a creare un forte legame empatico con il pubblico. Titoli come Love After Love (interpretato dall’attrice Andie MacDowell), Green Room, Blue Jay, Neruda, Whiplash (vincitore di tre premi Oscar) e Mommy sono solo alcuni dei numerosi titoli che negli anni hanno saputo ritagliarsi uno spazio importante, emozionando e portando sul grande schermo qualcosa di diverso, o semplicemente di nuovo.
Certo, non è nostra intenzione affermare che un film indipendente sia nella maggior casi un titolo da considerare come un capolavoro imperdibile, ma semplicemente constatare come la qualità di un’opera cinematografica non passi necessariamente dalla presenza di un budget elevato. Al contrario, come spesso è accaduto negli anni, le maggiori qualità sono strettamente riconducibili a ciò che una pellicola è in grado di trasmettere per profondità contenuti, tematiche introspettive. Tutti elementi, però, che anche una produzione hollywoodiana potrebbe avere. Cosa rende allora un film etichettabile come indipendente? La sua stessa nomenclatura rappresenta di fatto un forte indizio, ossia una pellicola che generalmente viene prodotta senza che vi sia alla base un rapporto formale di dipendenza, uno schema, delle imposizioni commerciali, ma solo un filo conduttore dettato dall’autonomia – il cui rovescio della medaglia si rispecchia nel budget spesso e volentieri – e dalla piena libertà creativa. Tutto ciò si traduce solitamente in una pellicola che non ha alle spalle una grande produzione e che, spesso e volentieri, può essere prodotta persino dal regista stesso, senza il supporto di particolari mezzi tecnici ed economici. Un limite da non sottovalutare nel momento in cui si decide di approcciarsi verso la visione di un film del genere, eppure non è raro riscontrare in una di queste pellicole il cosiddetto effetto “friend feeling” a causa dell’originalità che la contraddistingue. Il più evidente aspetto positivo che la maggior parte delle persone nota nei film indipendenti è infatti che, nel complesso, tendono a trasmettere una forte sensazione di autenticità.
Ciò significa che normalmente non seguono l’esempio delle grandi produzioni, ma al contrario la loro bellezza si presenta sotto forma di originalità rispetto a ciò che generalmente viene distribuito con maggiore presenza sul mercato. Qualcuno potrebbe obiettare che i film indipendenti spesso tendono ad essere un po’ troppo sopra le righe e più stravaganti di quanto non abbiano bisogno per non conformarsi a uno stampo generico, altri potrebbero invece etichettarli come titoli che generalmente non sogno degni di nota. Forse la verità sta nel mezzo, come sempre, ed è da lì che nascono quelle pellicole che si distinguono dalla massa, ricollegando il tutto a quell’autenticità che abbiamo già citato in questa nostra analisi. Ovvero la possibilità ed anche il rischio di poter costruire il proprio stile e sentirsi molto più reali di quanto una grande produzione non sempre riesca a trasmettere. Su queste pagine dedicheremo molto spazio al cinema indipendente, con articoli, approfondimenti, recensioni ed interviste in cui speriamo di poter raccontare anche un pezzo di quell’Italia cinematografica che esiste a dispetto delle difficoltà di distribuzione nei cinema nostrani, perché pensiamo che i film indipendenti possano a volte sottovalutati e in realtà sono incredibilmente importanti. Gli argomenti ed i contenuti che un film indipendente può offrire sono però l’attributo chiave: tutti amiamo il cinema per le emozioni che è in grado di regalarci e non importa se il viaggio avviene su una futuristica astronave spaziale o a bordo di un furgoncino scassato. L’importante è partire ed avere il coraggio di rischiare, perdendosi nella bellezza del viaggio.
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