Ci sono storie che vanno al di là delle immagini e delle parole. Ci sono film come Lei mi parla ancora che all’improvviso portano lo spettatore a perdersi nei ricordi e che dipingono con i colori dei sentimenti un viaggio poetico in cui il perdersi non può che essere una piacevole e naturale conseguenza. Questo è ciò che accade con questa pellicola prodotta per film Sky Original (disponibile su Sky Cinema e on demand su NOW TV) che parla di amore, di vita, di perdita e di tutto ciò che passando per la rabbia e la malinconia è in grado di evolvere nell’animo umano. Una pellicola, ci teniamo a precisarlo fin da subito, che porta con sé l’inconfondibile stile registico di un Pupi Avati davvero in gran forma.
![Lei mi parla ancora - Recensione Film](https://www.ilteatrante.it/wp-content/uploads/2021/02/TB3a-1024x682.png)
Così accade che il film diventi immediatamente poesia pura per il cuore, tanto possono essere delicate le emozioni che accompagnano i sentimenti e quelle infinite sfumature che non possono essere raccontate, ma solo assaporate e “sentite” nel profondo. È con questa premessa che vi chiediamo di approcciarvi ad un film di quelli di cui sentivamo davvero il bisogno e che nonostante tratti un tema delicato in cui la mancanza rappresenta il filo conduttore a cui è impossibile sottrarsi, merita davvero di essere visto attraverso gli occhi dell’anima. La storia di Lei mi parla ancora racconta di Nino (Renato Pozzetto) e Rina (Stefania Sandrelli), che dopo sessantacinque anni di amore si ritrovano tragicamente separati. L’uomo, rimasto vedovo, si ritrova così a dover affrontare un dolore talmente profondo da indurlo quasi a volerlo negare.
Così, anche ora che lei se ne è andata, nell’assenza di punti di riferimento sufficienti ad accettare il distacco, Nino vive il disagio sentendosi afflitto e debole, lasciandosi andare ai ricordi e celebrando quel quotidiano in cui la sua Rina gli parlava, attraverso un’elaborazione del lutto che non vuole essere negazione in sé per la scomparsa della donna, ma solo un volerla sempre accanto, come era sempre stato per una vita intera intensa e meravigliosa. Accade dunque che Nino continui a parlarle con lei e lei con lui. Impossibile che ciò sia reale? Eppure, di nascosto, senza che né i figli né la servitù possano interferire con il suo personale “viaggio” nel ricordo del quotidiano, permane in lui ancora un paesaggio di speranza. Una nostalgica e piccola fiammella che a fatica gli consente di resistere al labirinto del lutto.
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La situazione però evolve quando la figlia, anziché far calare il sipario sulla realtà dei fatti, asseconda il desiderio del padre ed anzi lo sprona a parlare ancora “della Rina” ingaggiando un ghostwriter (Fabrizio Gifuni) per consentire al padre di poter dare forma ai suoi pensieri. Compito che inizialmente sarà complesso, per via delle difficoltà e di Nino a condividere la sua vita con uno sconosciuto, ma che in breve tempo porterà a ripercorrere le origini di un amore profondo, puro e sconvolgente, guardando indietro nel tempo, alle radici della storia tra Nino e Rina, tra malinconia e nostalgia. Senza aggiungere altro sulla trama, questa pellicola è la trasposizione cinematografica del romanzo autobiografico di Giuseppe Sgarbi (Lei mi parla ancora – Memorie edite e inedite di un farmacista), girato in un periodo particolarmente problematico per la gestione di un set vista l’attuale pandemia.
Questo però non ha impedito al regista Pupi Avati di confezionare un prodotto cinematografico di spessore che trasmette con forza la sensazione di smarrimento e solitudine provata da Nino: un’esperienza sconvolgente, come lo sono del resto certe perdite. Grazie alla straordinaria interpretazione drammatica di Renato Pozzetto, sarà impossibile non affezionarsi al personaggio e provare empatia sentendo quei sentimenti così intensi, contraddittori e carichi di vuoto che di fatto lasciano il protagonista in una sorta di limbo emotivo dove un’intera e pacifica esistenza viene ad un certo punto messa in discussione, in un lutto che fatica a trovare quel disperato aiuto per poter essere elaborato attivamente ed in maniera consapevole. In questo modo di presentare l’individuo ed i suoi tormenti emergono in maniera netta i meriti di Avati, che per l’occasione ha scelto un cast d’eccezione, dove ogni pezzo del puzzle sembra combaciare perfettamente.
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Le piccole incertezze che abbiamo notato derivano da alcune scelte stilistiche che non ci hanno sempre convinto del tutto, quali ad esempio l’uso di accenti regionali che occasionalmente non sembrano essere perfettamente coerenti con contesto, oltre al fatto che il passato di Nino e Rina, ossia la parte centrale del film, ci è parso un po’ troppo compresso, per quanto oggettivamente possa essere difficile riuscire a sintetizzare la vita di due persone attraverso pochi ma significativi episodi. In un’epoca dove tutto sembra sempre andare troppo veloce, questo film rappresenta un raggio di sole, pur nella delicatezza e drammaticità del tema affrontato da Avati. Sarà impossibile non voler bene a Nino e desiderare di abbracciarlo per allievare tutto il dolore che porta con sé nella sua umanità, che tanto ricorda quella delle persone anziane che chiunque di noi potrebbe aver conosciuto nel corso della sua vita.
In conclusione, Lei mi parla ancora che è carburante per il cuore e che emoziona dall’inizio alla fine. Una marea di sentimenti ed amore, fatta di tenere e delicate attenzioni, che sommerge tutti gli argini che troppe volte il pubblico è costretto a costruire, portando tenacemente a vivere delle sincere emozioni. Una pellicola ben diretta da Avati, che in un’epoca dove prevale la rimozione del concetto di amore, ci mostra ancora una volta come sia fragile l’individuo davanti al dolore della vita. Una storia dal forte sapore nostalgico, quasi fosse stata girata decenni fa anche per ambientazione e, chissà, forse proprio per questo ancor più gradevole nel complesso. Un film che vi consigliamo di vedere perché racconta la realtà e come tale, per quanto triste e difficile a volte sia, solo andando oltre ciò che sembra così buio da non vederne la fine è possibile poter vedere ancora la luce.
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