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Il meglio di Radio Koryphaios – Puntata 1

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Podcast di Radio Koryphaios su Il Teatrante

Benvenuti nel consueto appuntamento del lunedì con il meglio di Radio Koryphaios, puntata 1 del nostro podcast dedicato al mondo del teatro. Questa rubrica intende dunque raccontarvi in maniera amichevole ma rigorosa tutto ciò rappresenta l’essenziale del teatro.

Anche se manterremo lo sguardo rivolto al presente, non mancheranno le occasioni per approfondire personaggi e testi attraverso una visione storica, che segue l’evoluzione teatrale dalle origini fino ai giorni nostri e proprio per questo riteniamo interessante per avvicinarsi artisticamente e culturalmente a questa arte.

Ogni nostro appuntamento, che potrete ascoltare avviando il player sottostante, vuole rappresentare un piacevole spazio all’interno del quale tenervi delicatamente compagnia mentre le parole rappresenteranno un vero e proprio strumento di resistenza contro l’appiattimento di argomenti che troppo spesso capita di ascoltare nel quotidiano. Dunque, non ci resta che augurarvi un buon ascolto del nostro podcast.

Avete voglia di ascoltare le altre puntate de Il meglio di Radio Koryphaios oppure uno dei nostri aggiornamenti settimanali? Visitate la sezione Podcast del nostro sito.

Al via il podcast dedicato al mondo del teatro

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Podcast teatro Il Teatrante

Con oggi inauguriamo una nuova sezione del nostro magazine, ospitando un podcast dedicato al mondo del teatro. Radio Koryphaios è uno spazio dedicato, dove il lettore diventa ascoltatore per essere condotto a riscoprire il filo prezioso che lega il teatro alla tradizione della radio, tutto da ascoltare.

Attraverso tre appuntamenti settimanali focalizzeremo l’attenzione sull’analisi di numerosi temi ed argomenti, raccontandovi una moltitudine d’interessanti storie e di personaggi che non mancheranno di coinvolgervi. Questo è il teatro che noi vogliamo raccontarvi, per rivivere con voi le emozioni di un’esperienza unica e indimenticabile. Squarci di un dietro le quinte, ideale ma così tremendamente reale, che rappresenta per molti un universo particolarissimo.

Attraverso curiosità, situazioni e ricordi degli artisti che saranno nostri ospiti, stimolanti ma anche illuminanti e significativi, ogni episodio vi aiuterà a comprendere meglio l’autenticità del fuoco che scorre nella nobile arte che tutti noi amiamo. Il lunedì ed il venerdì saranno i giorni in cui proporremo il meglio del nostro podcast dedicato al mondo del teatro, trasmesso nel corso dell’ultimo anno, mentre invece il mercoledì sarà dedicato alla pubblicazione delle puntate trasmesse nell’ultima settimana per consentirvi di non perdere nemmeno un aggiornamento.

Se l’ascolto del nostro podcast vi ha soddisfatto, ma la vostra sete di conoscenza verso il teatro non è ancora placata, v’invitiamo a proseguire con la lettura della nostra rubrica sui mestieri del teatro, ricca di interessanti riflessioni, aneddoti e approfondimenti che vi aiuteranno a comprendere al meglio attorno a quali figure si sviluppa uno spettacolo.

Recensendo Godot: in attesa del futuro

in Speciale

Recensendo Godot, con questo titolo affrontiamo insieme il tema della chiusura dei teatri e di un futuro ancora artistico assai incerto. Perché l’attesa di Vladimiro ed Estragone si è conclusa, Godot è finalmente arrivato, peccato che ad accogliere la sua invisibile presenza non ci sia anima viva, nemmeno i due personaggi beckettiani, entrambi, infatti, hanno deciso di ignorare la didascalia che li vorrebbe immobili.

I teatri, da ottobre, sono nuovamente vuoti e, una volta tanto, non si tratta del “forno” paventato da ogni impresario teatrale, ma di un vuoto necessario, una profilassi sociale che ci tiene lontano da un’agorà, la quale ci faceva compagnia da più di venticinque secoli. Qualcuno potrà dire che è come se fosse tornata la quaresima, quel periodo in cui era interdetto ai teatranti la possibilità di andare in scena, e, per la cronaca, ecco svelata la ragione dell’idiosincrasia dimostrata dalle persone di spettacolo nei confronti del viola, tipico colore dell’addobbo del periodo.

Una sala teatrale vuota - recensendo Godot

Si sono chiuse le porte con la solennità dell”extra omnes” del conclave, e chissà se quella sala abitata tante volte da sentimenti, pensieri, azioni, in grado di stravolgere e creare una zona d’ombra tra il concetto di verità e quello di finzione,  riuscirà a pensarsi ancora esistente, senza gli occhi della platea a certificarlo, forse sarà come il gatto utilizzato nell’esperimento di Schrödinger, intrappolato in una sorta di schizofrenia esistenziale, vivo e morto al tempo stesso. Difficile da comprendere ma molto semplice da percepire. Eppur si muove, e lo scriviamo con piglio galileiano, eppure si ribella all’inerzia forzata, non rinuncia a quella funzione che lo rende vicino all’uomo più della sua stessa giugulare.

Questa forma di meraviglioso umanesimo, questo laboratorio di antropologia, psicologia e di poesia incarnata, non si arrende, non può, è nella sua natura resistere, il carro di Tespi si muove anche dopo essere stato distrutto dal pugno dei Giganti pirandelliani, dai problemi economici, ogni volta rinasce dalle sue ceneri, come una fenice ostinata. Ora c’è davvero una ragione in più per farlo, ora c’è la voglia e la pazzia giusta, c’è il desiderio di vivere, quando si potrà, sul palcoscenico quel caldo brivido di confusione che fa arrossire l’astronauta, come cantano i Pink Floyd.

Alcuni minori impegnati in attività teatrali - recensendo Godot

Così in questa necessaria interruzione, cresce, monta, riprende coscienza di sé quella passione teatrale evocata da Jouvet, quella che si scopre sempre alla fine di un percorso, che ritorna in forma di certezza come la nottola di Minerva, e testimonia che, malgrado tutto, questo mestiere così difficile, che va a cercarsi il pubblico come Diogene l’uomo autentico con la lanterna, che combatte con il gelo e gli spifferi di certi camerini, la bolletta, ed i pugni in tasca, è un’arte meravigliosa, e bastano gli applausi, la presenza calda, emotiva di un pubblico per toccare letteralmente il Nirvana con il corpo.

Certo l’impresa non è facile, e sembra essere un ossimoro, se non un vero e proprio paradosso, di questi tempi: trovare un contatto col pubblico che non implichi la presenza ma solo la dimensione virtuale dello schermo di un computer, di un tablet, di uno smartphone, insomma quella zona che sta a mezza strada, una terra di nessuno, tra il mondo reale ed il mondo iperuranico delle idee. Tuttavia, proprio come ci insegna il mito platonico, il teatro ora deve tornare nella caverna, non può fare altrimenti, e può sfruttare l’occasione, invero preziosissima, di spiegare alle persone ferme davanti al muro multimediale ,costrette a guardare l‘apparenza di un mondo di fronte al mondo, che esistono oggetti e luci cause di quelle apparenze, che esiste un mondo di fuori che ora deve attendere, ma poi potrà essere vissuto con una consapevolezza profonda, e non nella catatonia del banale troppo spesso ormai omologata al quotidiano.

Uno spettacolo in streaming - recensendo Godot

La sfida è quella non solo di tenere vivo e vitale l’appetito nei confronti del teatro, ma anche soprattutto risvegliare quello di chi, anche prima della pandemia, era addormentato; uso questo termine nella convinzione, sposando l’innatismo platonico, che in ogni essere umano ci sia l’acciarino necessario per provocare la scintilla in grado di accendere la passione per questa forma artistica.

Si può sfruttare quel teatro delle ombre a proprio vantaggio, per far scoprire, oltre alla cultura, parola che più che la mano alla fondina goebbelsiana, ora provoca il riflesso pavloviano della mano sullo smartphone che così facendo nuovamente si presenta per l’ennesima testimonianza del “mi riprendo, dunque sono”, qualcosa che ci appartiene ed è patrimonio universale di tutti. Una sensazione comune di appartenenza artistica, un canto pieno di poesia e di vita a tutte le latitudini, dal più profondo fango terreno, allo sguardo vertiginoso che sfida lo zenit del più alto empireo: il teatro.

Se questo articolo vi è piaciuto, vi invitiamo a leggere la nostra rubrica sui mestieri del teatro e gli articoli che abbiamo realizzato, come quello dedicato alla figura del regista oppure ascoltare le puntate del nostro podcast, dedicato al mondo teatrale.

Focus sui mestieri del teatro: il regista

in Rubrica
Il regista Giorgio Strehler insieme al maestro Riccardo Muti

Per la nostra rubrica I mestieri del teatro, oggi vi raccontiamo la figura del regista, una delle più affascinanti e discusse. Nella meravigliosa follia che è il fare teatro deve, per citare il Polonio di Shakespeare, esserci del metodo. Si è fatalmente creata la necessità, chiamando in causa i percorsi etimologici di adottare il termine “regista”, di qualcuno che si prendesse l’onere e l’onore di reggere le sorti della scena.

Insomma, qualcuno che potesse trovare il colpo d’occhio giusto in grado di far vincere allo spettacolo la battaglia con il pubblico. In Italia la rivoluzione copernicana della regia arriva un po’ tardi, e taglia idealmente il traguardo con notevole distacco rispetto ad altre realtà europee, ad esempio quella francese e tedesca. Ovvero nel dopoguerra con nomi del calibro di Luchino Visconti e Giorgio Strehler.

Il regista Giorgio Strehler, celebre nome all'interno dei mestieri del teatro

Le ragioni di questo ritardo si ritrovano nella struttura capocomicale delle nostre compagnie che trovava le sue radici nella commedia dell’arte, dove questa figura era una sorta di padre padrone della singola compagnia, magari con la bonomia e la saggezza del bon paron goldoniano, ma comunque amministratore, interprete ed organizzatore di tutto il gruppo di attrici ed attori. Un problema che per lungo tempo non ha trovato un reale ed efficace punto di svolta utile a far nascere qualcosa di diverso. Il salto quantico avviene nel momento in cui si crea la necessità di un progetto insieme etico ed estetico che sottenda uno spettacolo, che ne rappresenti le solida fondamenta.

Con il perfezionarsi di tutte le tecnicalità, tra i mestieri tecnici del teatro sempre di più si afferma l’esigenza di un centro aggregatore, una forza di gravità in grado di opporsi alle forze centrifughe e dispersive delle singole individualità. La regia è una forma di monarchia e non è scontato che sia di carattere costituzionale. Potrebbe il regista idealmente affermare, con il piglio, la determinazione e la risolutezza del comando del re Luigi XIV: “l‘étatc’est moi”, lo Stato, ovvero lo spettacolo sono io, tuttavia rischierebbe ammutinamenti del Bounty, od i coltelli in Senato contro il Cesare tiranno, se mancasse l’obiettivo della conquista e del riconoscimento del suo ruolo.

I preziosi consigli di un regista in scena, nello svolgimento di uno dei mestieri del teatro più importanti

Al pari di un generale, di un maresciallo napoleonico, deve idealmente percorrere il suo cursus honorum, conquistarsi i meriti sul campo, nonché la fiducia dei compagni d’arme, che gli permetta di comandare con la certezza di essere seguito. Lo scarto è tutto tra l’essere autorevoli e l’essere autoritari, ossia sulla gestione della propria corona, un delicato affaire che i re shakespeariani conoscono molto bene. È chiamato certamente ad una sfida difficile, quella di avere il controllo, la visione d’insieme del serio e delicato gioco teatrale. Deve necessariamente diventare enciclopedico, avere nozioni di scenografia, luci, costumi, e soprattutto è chiamato ad essere un buon maestro d’attori.

Di fatto, rappresenta uno dei mestieri del teatro fondamentali e non c’è regista che non abbia compreso, prima o poi, che, per portare a casa il risultato con gli interpreti dello spettacolo, debba acquisire delle nozioni di psicologia. Rimboccandosi le maniche come una levatrice, o come un Socrate pronto ad incalzare dialetticamente i suoi concittadini, cerca di favorire il travagliato parto dei personaggi da parte di tutta la sua compagnia. Deve familiarizzare ed imparare a riconoscere a tatto, o meglio d’istinto, la fattura, la trama e l’ordito delle anime insieme degli interpreti e dei ruoli, si ritrova a confrontarsi con un fitto roveto di resistenze, di nevrosi, a volte persino di psicopatologie che segnalano decisamente, come farebbe un amperometro, che in un certo punto non c’è passaggio di corrente, che nella singola scena, nel dialogo, o nel monologo non scorre come dovrebbe.

Luca Ronconi regista, ed esponente di uno dei mestieri del teatro

Si ritrova spesso e volentieri letteralmente sepolto da una serie di domande, dai colpi dei mille “perché”, e deve imparare a rispondere, o, meglio ancora, ad anticipare i quesiti. È altamente istruttivo ed esplicativo il racconto che Peter Brook fa di una sua iniziazione alla regia teatrale, prima delle prove si era preparato bozzetti, schemi geometrici per la determinazioni delle posizioni e dei vettori di movimento, ma, una volta giunto il momento di verificare tutto questo sul palcoscenico, si accorse che quello che sul foglio sembrava essere un’ottima soluzione, smetteva di funzionare con gli interpreti in carne e ossa.

In questo risiede la difficoltà maggiore del mestiere del teatro di cui vi stiamo raccontando. Le prove dello spettacolo vanno affrontate immergendosi fino alla testa nel Panta rei, nel “tutto scorre” del divenire scenico, avendo lo stesso atteggiamento di Napoleone che, a fronte di manuali di tattica e di strategia bellica, suggeriva di essere lì, di vedere che cosa accade sul campo di battaglia e di reagire di conseguenza, costruendo, secondo l’esigenza di mutamento dell’immediatezza, di volta in volta, le soluzioni più adatte.

Se questo articolo vi è piaciuto, vi invitiamo a leggere gli altri approfondimenti presenti tra le nostre rubriche, come quello dedicato alla figura del drammaturgo oppure quello sullo scenografo, entrambi ruoli importanti nella buona riuscita di uno spettacolo teatrale.

Al via la rubrica sui mestieri del teatro

in Rubrica
Rubrica dedicata alla scoperta dei mestieri del teatro

Tutti, da bambini, abbiamo avuto l’irrefrenabile impulso, prima o poi, di scoprire come funzionava il giocattolo che tenevamo in mano, tutti, ad un certo punto ci siamo chiesti cosa ci fosse sotto la superficie dell’iceberg, che cosa si nascondesse sotto l’acqua. Nel nostro caso, con questa nostra rubrica, vi racconteremo dei mestieri del teatro. Si tratta di un impulso, qualcosa che va al di là della pura curiosità intellettuale, piuttosto è vicino a quel desiderio di “conoscenza” evocato dall’Ulisse dantesco. Ecco perché, traendo ideale ispirazione dal quadro “Lezioni di anatomia” di Rembrandt, abbiamo voluto offrire una rubrica che indagasse sui vari mestieri del teatro.

Uno spazio si occupasse di quella fisiologia che caratterizza ogni messa in scena, perché, per parafrasare Fossati, la costruzione di uno spettacolo spezza le vene delle mani. L’atto creativo che accompagna ogni testo rappresentato sul palcoscenico è il risultato di una filiera, necessaria perché il tutto avvenga. Insomma, questa grande magia, che in apparenza viene troppo spesso liquidata come un facile divertissement, come un gioco di prestigio, un abracadabra più facile e veloce del tempo necessario a pronunciarlo, è la conclusione di un lavoro di squadra, l’opera di professionisti che permettono al teatro di presentarsi in quella forma compiuta, pronta a disvelarsi agli occhi degli spettatori.

Un'immagine tratta da uno spettacolo teatrale, dove il regista rappresenta uno dei mestieri del teatro

Nel raccontarvi con questa rubrica i mestieri del teatro, ci confronteremo con interpreti, registi, light designer, scenografi, costumisti, il catalogo mozartiano sarà questo, e molto altro ancora, dal momento che la nostra indagine andrà a scoprire anche le zone meno cartografate della variegata geografia teatrale. Come approfondito anche da Rai Cultura, allo stesso modo non dimenticheremo altri soggetti forse meno popolari come gli uffici stampa, le biglietterie, quel mondo che si muove in punta di piedi per non disturbare il teatro, ma con la propria laboriosità fa sì che tutto funzioni al meglio.

Numerosi artisti e tecnici vivono nella laboriosa villa del Cotrone pirandelliano, molti di loro sono nascosti nel retropalco. Essi rappresentano invisibili ma necessari lavoratori che sanno bene quanto, molto spesso, l’essenziale sia invisibile agli occhi. Quanto la loro fatica permetta ad ogni maestro di cerimonie, a ciascun Vatel teatrale, di costruire i suoi giochi come se avesse lì ogni volta, dalla parte della platea, Luigi XIV e la sua corte. Lo spettacolo, questo esempio fulgido del Panta rei eracliteo, che vive nel tempo, ed in esso si consuma, è di fatto la conseguenza, l’effetto di una laboriosa architettura, di una rete intessuta con pazienza e dovizia a dir poco impeccabile per risultare convincente al limite del reale.

Una scena teatrale allestita da uno scenografo, uno dei mestieri del teatro

Non capita spesso allo spettatore comune di osservare il prima o il dopo dell’atto teatrale, di scoprire come si debba distillare, come esperto chimico, una generosa porzione di tempo per ricavarne quell’essenza, quel concentrato che esplode sulle papille gustative estetiche dello spettatore, corroborando tutto il suo sistema spirituale, nel tempo di un’ora e mezza circa, o meglio ancora in ogni singolo istante. Come si può, allora, resistere alla tentazione di aprire ed esplorare questo corpo teatrale, vederne l’interno, il sistema circolatorio ed il cuore stesso pulsare generosamente?

Fa girare la testa, arriva a mettere i brividi pensare quanto lavoro sia necessario e sia dedicato per levigare, con pazienza e precisione da orefice, un solo attimo capace di generare una sensazione pura, incontaminata, si tratta di una vera forma di artigianato dell’anima, e vedendo tutto questo, ed essendone cosciente, ci si potrà porre, seduti sulla poltroncina teatrale, lo stesso interrogativo del sognatore dostoevskijano, un intero istante di felicità è forse poco in tutta la vita di un uomo?

Se vi è piaciuto questo articolo, vi invitiamo a leggere il nostro speciale sull’attuale situazione che sta vivendo il teatro in Italia o quello in cui analizziamo il nostro vivere quotidiano paragonandolo ad un testo di Čechov e sottolineandone alcune curiosi aspetti.

Il nostro modo di fare critica: Il Teatrante

in Cinema/Speciale/Speciale/Teatro
Il Teatrante

Il Teatrante è un magazine telematico di critica teatrale e cinematografica, che nasce per offrire un punto di vista differente ed unico nel panorama italiano. La linea editoriale che abbiamo tracciato ci spinge a scrivere ogni articolo in maniera trasparente ed obiettiva, in quanto noi siamo i primi fruitori di uno spettacolo teatrale o di un film.

Questo ci distingue da tutti gli altri siti simili. L’unico a cui dobbiamo rendere conto è il nostro pubblico, senza alcun compromesso. A noi interessa fare della sana critica che porti a delle riflessioni, ma anche raccontare storie, personaggi e progetti artistici che meritano attenzione. Siamo quelli a cui rivolgersi per ricevere un consiglio, per dirvi che ne pensiamo lasciando però ad ognuno la possibilità di farsi le proprie opinioni. Il metodo con cui recensiamo fa sì che la lettura di una nostra recensione sia molto più importante rispetto a quanto mediamente avviene con altri siti e per questo non troverete mai il classico voto numerico a fondo pagina, perché per noi è importante trasmettervi quello che proviamo e pensiamo dopo aver assistito ad uno spettacolo o ad un film. Per sottolineare quei fattori che valgono più di altri e hanno più peso nel giudizio finale.

Il Teatrante è un magazine dedicato alla critica teatrale e cinematografica.

La critica per convenienza, fino a poco tempo fa confinata solo ad altri contesti, ha fatto negli ultimi anni il suo ingresso dirompente nella vita di tutti i giorni. Molti sembrano esserne quasi ossessionati: le promesse di una recensione positiva ed i benefici che essa porta con sé sembrano spesso un favore da conquistare e non da meritare artisticamente. Non mancano gli osservatori che segnalano come il dare molto risalto a pochi, nonostante altrettanti ne meriterebbero, metta a rischio la critica.

Pare che questo renda molto problematica la sopravvivenza di realtà artistiche forse meno note ma non certo di minor valore per il pubblico: ma persino di fronte a una situazione così concreta, spesso, ci si limita a formali richiami all’importanza di questo o di quell’altro soggetto, come se brandire questo vessillo potesse fare da scudo supremo contro un giudizio trasparente e non sempre benevolo.

Il Teatrante offre un punto di vista critico indipendente

Partendo da queste chiare e semplici linee guida ci presentiamo umilmente a voi pronti a presentarvi una linea editoriale che non si ispira a nulla se non alla nostra coscienza ed esperienza. Vorremo voltare pagina ed allontanarci dalla sempre più frequente voglia di consumare le facoltà di giudizio e riflessione, ossia le capacità che più di tutte ci rendono umani. Il Teatrante vuole recuperare in senso letterale il ruolo critica indipendente e proprio per questo non per forza condivisibile né facilmente comprensibile.

Così ci presentiamo a voi oggi e così resteremo nel tempo: uno strumento in grado di decrittare un’opera artistica allo scopo di servire il pubblico, portandovi a conoscere personaggi, storie e in generale iniziative all’interno del panorama artistico, per svelare con il massimo rispetto un segreto che non è tale, presentando una appassionata difesa dell’etica editoriale, per trasmettere il senso e l’importanza delle nostre parole.

Per restare in contatto con noi potrete seguirci su Facebook oppure attraverso il nostro profilo Instagram ed ora che avrete rotto il ghiaccio non vi resta che iniziare a leggere uno dei numerosi articoli che sono già presenti nelle sezioni dedicate al teatro, al cinema o alle serie tv. Realizzati con cura e che, ne siamo certi, non mancheranno di appassionarvi.

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